La vittoria del Front National alle
elezioni europee, che lo consacrano primo partito francese,
legittimano la forza guidata da Marine Le Pen a capo dell'opposizione
politica all'establishment europeo.
Non che lo schieramento anti-euro e
anti-troika sia omogeneo e coalizzato. In esso vi confluiscono gruppi
di diversa vocazione: identitari e anti-immigrazione come il PVV
olandese, regionalisti e federalisti come la Lega Nord italiana,
neoliberisti e securitari come l'UKIP di Nigel Farage, nazionalisti
come il Danish People Party, ma anche socialdemocratici come il
Partito Socialista Portoghese e di sinistra e anticapitalisti come
PODEMOS in Spagna o il Partito Comunista Greco.
In questo scenario estremamente
variegato il partito di Marine Le Pen si pone, per sua natura, come
una sintesi tra le varie anime. In esso, infatti, si può dire
confluiscano tutti gli aspetti e i principi dei partiti euroscettici.
Si possono enumerare tre anime che
rappresentano questo schieramento:
Una
sovranista e democratica. Ovviamente la fondamentale. Essa
esprime la richiesta di ritorno a valute nazionali e al recupero del
potere degli stati ormai di fatto esautorati dai trattati, quindi il
recupero della democraticità e rappresentatività delle istituzioni
nazionali. Quest'anima accomuna tutte le forze euroscettiche.
Una antiliberista e
statalista, che
rivendica la necessità da parte degli stati di dirigere l'economia
anche attraverso la possibilità di nazionalizzare importanti
comparti strategici. Quest'anima non appartiene alle forze più
liberali, come l'UKIP di Frage che hanno una linea di politica
economica di stampo “thatcheriano”.
Una
identitaria e anti-immigrazione,
che contraddistingue quelle forze che vogliono porre forti limiti
all'immigrazione e rivalutare la cultura e le tradizioni locali e
nazionali. Quest'anima ovviamente non è propria, o lo è solo in
parte, dei partiti della “sinistra euroscettica”.
Ma
tutte e tre queste anime si ritrovano nel Front National.
Sebbene
i media abbiano etichettato il partito francese come fascista o di
estrema destra, in esso convivono diverse culture e istanze. La stessa Marine Le Pen si rifiuta di identificare il proprio partito
come iscrivibile in una determinata area politica posta sull'asse
destra-sinistra.
Non è
un mistero che, sebbene la base tradizionale del FN sia conservatrice
e ai tempi di Le Pen padre potesse essere collocata in un'area di
destra radicale, ad oggi buona parte dell'elettorato è rappresentato
da lavoratori ed ex socialisti delusi dal PS al governo.
Inoltre
diversi importanti esponenti provengono da un'area marxista, come
l'ideologo Jacques Sapir, o la deputata comunista Anne Rosso-Roig.
Il
Front National unisce quindi diverse anime, è una sorta di sintesi
dell'euroscetticismo e della protesta anti-austerità che avanza in
Europa. Uno schieramento eterogeneo sarebbe infatti difficilmente
unificabile, come testimonia il fatto che i partiti ad esso
riferibili militano in gruppi parlamentari diversi e spesso opposti.
Ma il
Front National, pur con tutte le sue contraddizioni e i suoi limiti
innegabili, incarna la funzione strategica di rappresentare e di
portare avanti gli interessi di tutta quest'area. Esso è un baluardo
anti-austerità, poiché svolge un efficace ruolo di
destabilizzazione della zona euro. Una eventuale uscita della Francia
dall'euro renderebbe infatti molto probabile il crollo della moneta
unica.
I
media e i partiti politici eurofili gridano l'allarme paventando una
possibile deriva fascista dell'Europa in caso di successo dei
partiti euroscettici come quello di Marine Le Pen.
Effettivamente
esiste questo pericolo, ed anzi esso sta già diventando realtà, ma
non ad opera del Front National, ma proprio a causa della piega
autoritaria che ha preso il processo di unificazione europeo. Esso
non è proceduto di pari passo con il volere popolare, ma malgrado
questo, ed anzi è stato possibile proprio privando gli stati
nazionali e le istituzioni democratiche di qualsiasi potere ed
“espropriandoli” della loro sovranità in modo illegittimo e
contro le costituzioni democratiche di tutti i paesi. Accanto a
questa perdita di sovranità si è assistito a un'acquisizione sempre
crescente di potere giuridico ed economico da parte di organismi
oligarchici totalmente sganciati dal controllo democratico come la
Commissione Europea e la Banca Centrale Europea. La politica
economica imposta da queste istituzioni ha altresì creato una
situazione di recessione e di impoverimento dei popoli europei
rendendo impossibile qualsiasi inversione di rotta e politica
anti-ciclica all'interno del sistema Euro. Quello che è stato un
vero e proprio “golpe silenzioso” è stato sottaciuto dai media
che continuano (come fanno tutti gli apparati di propaganda dei
regimi autoritari) a elogiare e difendere l'unificazione monetaria e
l'Unione Europea anche adesso che la manifestazione degli effetti
nefasti risulta incontrovertibile.
Non è
un caso che i governi che entusiasticamente sostengono l'Euro sono
stati allestiti non dal voto popolare, ma da un colpo di stato
finanziario a tutti gli effetti, come avvenuto in Grecia e in Italia.
Nella
nostra penisola, in particolare, gli ultimi tre governi succedutisi
non sono mai passati per il voto popolare, nonostante l'appellativo
del partito che più li ha sostenuti, che si fa chiamare, vien da
dire sarcasticamente, “democratico”.
In
questo scenario appare quantomeno surreale che si rivolga alla Le Pen
e al suo partito l'accusa di fascismo, quando essi si richiamano,
invece, ai principi democratici e alla legittimità del voto popolare
contro l'autoritarismo economico della tecnocrazia europea.
L'accusa
di estremismo di destra appare tanto più ridicola se si considera il
processo storico di affermazione dei fascismi. Questa è avvenuta con il ricorso a mezzi illeciti e alla coercizione, con la
repressione e la eliminazione anche fisica degli avversari e
incutendo un clima di terrore tra la popolazione. Circostanze che
mancano del tutto nel risultato del partito di Marine Le Pen il
cui successo è frutto del solo voto popolare, di contro al governo
fantoccio dei socialisti tenuto in piedi per volontà degli interessi
corporativi del grande capitale.
Il
fascismo storico, inoltre, si avvale della collaborazione o della non
interferenza dei capitalisti e delle forze politiche fino ad allora
dominanti. Queste, per scongiurare il pericolo di una rivoluzione, o
quanto meno di una svolta storica favorevole alle masse, avvertita
come possibile in seguito all'avanzata del movimento operaio e delle
organizzazioni socialiste, anarchiche, comuniste e rivoluzionarie,
hanno “chiuso un occhio” sui soprusi perpetrati dai fascisti,
illudendosi che questi, una volta annientato il “pericolo rosso”,
avrebbero rinunciato al controllo delle istituzioni, o quanto meno lo
avrebbero con loro condiviso.
Ma
quello che avviene ora è che il capitale internazionale e i partiti
dell'establishment (raccolti nei gruppi europei del PPE e del PSE)
hanno dichiarato una guerra senza quartiere a tutti coloro che si
oppongono al progetto egemonico delle élite tecnocratiche, compreso
ovviamente il FN.
Nessun
fascismo può affermarsi senza l'alleanza col grande capitale e
l'accordo con il ceto politico egemone. Sarebbe un macroscopico
errore di valutazione per Marine Le Pen e i suoi pensare di poter seguire lo stesso percorso. Al contrario, la funzione storica di questo
partito è quello di dar voce ai popoli europei e di difendere la
democrazia parlamentare (tipico obiettivo polemico dei fascisti, di
ieri e di oggi) contro le oligarchie internazionali che vogliono
privare i popoli dei loro diritti politici de
facto.
Chi è che invece si avvale dell'appoggio delle classi
capitalistiche? Di sicuro i i partiti egemoni principali responsabili
politici della crisi, sebbene si facciano chiamare “democratici”
o “socialdemocratici”. Chi asserisce la necessità di delegare i
poteri dei governi e dei parlamenti nazionali a delle istituzioni
sovranazionali per eliminare l'“inefficienza”, o la “corruzione”?
Quegli stessi partiti, per le stesse ragione per cui i fascisti di un
tempo sostenevano la necessità di una gestione autoritaria del
potere politico. E chi sono, invece, coloro che si oppongono a questi
sedicenti democratici e a questa sorta di “tecno-moralismo”?
Proprio quei gruppi euroscettici, e soprattutto uno, delegittimati da
una feroce campagna stampa.
L'apposizione
di questo marchio infamante sul Front National è funzionale invece a
un disegno egemonico delle élite che cercano di dividere lo
schieramento sovranista. In questo modo essi, infatti, possono fare
appello a quelle forze che più sono sensibili all'avversione nei
confronti del fascismo.
Non
a caso, quelle stesse élite, come quelle stesse forze politiche che
le spalleggiano, non si fanno alcuno scrupolo a sostenere i fascisti e i neonazisti autodichiaratisi tali, laddove, come in Ucraina, sono
funzionali ai loro stessi interessi. Foraggiando i neonazisti ucraini
che aggrediscono e terrorizzano il popolo russofono essi sperano
infatti di strappare l'Ucraina dalla sfera di influenza russa e di
permetterne l'ingresso nella NATO e nell'Euro.
In
questo caso quei politici che accusano la Le Pen di fascismo non si
fanno problemi ad offrire pubblicamente sostegno ai veri
fascisti.
La
critica che invece si può rivolgere, dopo aver fatto giustizia di
tutte le polemiche opportunistiche, è sicuramente in merito alla
posizione sull'immigrazione del FN, come di altri partiti. Invece che
limitarsi a denunciare il problema di ordine pubblico scaturito dalla
gestione dei flussi migratori, ed affrontare la questione da una
prospettiva puramente negativa e sanzionatoria, bisognerebbe porre le
basi perché l'immigrazione non rappresenti più un problema,
attraverso una politica tanto di tutela nei confronti della
specificità culturale “autoctona” quanto di rottura di quella
spirale che porta alla ghettizzazione delle minoranze etniche come
conseguenza degli squilibri sociali ed economici.
Se
l'idealismo multiculturale del blocco eurocratico pecca nel voler
difendere un cosmopolitismo astratto, auspicando un processo di
integrazione e di contaminazione culturale ma senza preoccuparsi di
garantire le basi materiali ed economiche indispensabili a un tale
processo, l'identitarismo del FN non fa che stigmatizzare una
situazione di etnicizzazione del conflitto prendendola per assoluta e
inevitabile, senza vedere che quella etnicizzazione cela in realtà
un più profondo conflitto di classe e una strategia di dominio delle
élite capitalistiche.
Ma
sono senz'altro le politiche sciagurate delle classi dominanti e dei
loro alfieri politici a causare una reazione xenofoba, laddove queste
politiche favoriscono la mobilità di persone come fossero merci ma
senza assicurare una base sociale ed economica che permetta di
assorbire senza tensioni un afflusso di immigrati.
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