Le
elezioni europee appena svoltesi hanno visto la stampa e i media
nazionali incoronare il Partito Democratico come il vincitore
assoluto. Con oltre il 40,8% dei consensi, il Pd è senz'altro, con
largo margine, il primo partito in Italia. Ma i toni trionfalistici
dei mass media italiani, di destra o di sinistra, sempre pronti a
salire sul carro del vincitore – che dopo aver servito Berlusconi
nel suo periodo d'oro adesso hanno eletto Renzi a loro nuovo vate –
dovrebbero destare sospetti.
In
realtà la prima forza politica italiana non è il Partito
Democratico, ma l'astensionismo, che supera il 41%, il dato più alto
di sempre nella storia politica italiana. Questo, naturalmente, non
significa che il divario rispetto al secondo, il Pd, sia meno
dell'1%. Infatti quel 40, 8% è ingannevole. Sembrerebbe una dato
stupefacente, ma la realtà è che è solo il 40,8% del 58,7% che ha
votato di tutto il corpo elettorale, quindi il 23,9% di tutti gli
aventi diritto ha votato il Pd. Contro il 76,1 che non l'ha votato,
contro il 41,3 che non ha votato nessuno.
Già
questo dato dovrebbe essere sufficiente a ridimensionare il decantato
successo del partito di Renzi.
Ma la
disinformazione italiana si è spinta addirittura oltre, giungendo ad
affermare che sarebbe un consenso superiore al massimo storico del
PCI alle europee del 1984, anno del famoso “sorpasso” sulla DC.
In quell'occasione, infatti, è vero che il PCI ottenne il 33,3% dei
voti, ma su ben l'82,47% dei votanti. Infatti il 33,3% dell'82,47 è
il 27,46% di tutti gli elettori potenziali. Questo dato dunque è
superiore di un buon margine rispetto al 23,9 del Pd. Allora infatti
coloro che votarono PCI furono 11 milioni e 700 mila, contro gli 11
milioni e 170 mila che hanno votato Pd.
Se
poi si considerano le elezioni politiche del 1976, anno del massimo
storico assoluto del PCI, qui i comunisti ebbero 12 milioni e 600
mila consensi, pari al 34,37% dei votanti, con un'affluenza del
93,4%, ovvero poco più del 32% di tutti gli aventi diritto di voto.
È
stato anche detto che il dato sarebbe superiore a quello del massimo
storico della Democrazia Cristiana a una elezione europea. Cosa,
anche questa falsa, perché nel 1979 la DC ottenne 12 milioni e 700
mila voti, circa 1 milione e mezzo di voti in più di quelli attuali
del PD.
Tuttavia,
sembrerebbe comunque un buon dato, per quanto non così eccellente
come è stato descritto da giornali e televisioni.
In
realtà il PD ha partecipato a soltanto a due elezioni europee.
Senz'altro alle ultime appena trascorse è migliorato rispetto al
2009, quando ricevette poco meno di 8 milioni di voti. È migliorato
anche rispetto alle politiche del 2013, quando ne ottenne poco più
di 8 milioni e mezzo . Ma è di molto peggiorato rispetto alle
politiche del 2008, quando ricevette poco più di 12 milioni di voti,
quasi un milione in più di quelli attuali. Allora i media salutarono
il trionfo di Berlusconi (effettivamente considerevole, con 13
milioni e 600 mila voti per l'allora Popolo delle Libertà) e
decretarono la sconfitta senza appello di Veltroni. Nessuno si sognò
all'epoca di vedere quel 33% di votanti come quantificazione di una
vittoria straordinaria. Al contrario le critiche furono durissime,
come in un articolo di Sartori sul Corriere della Sera, e nessuno
parlò di dato storico (sebbene ad oggi resti il miglior risultato
del Pd). Il consenso in quel frangente, infatti, era pressoché
identico a quello del 2006, quando il suo antenato, l'Ulivo, vinse le
elezioni.
Tuttavia
resta il fatto che il Pd è ad oggi il primo partito, battendo i suoi
migliori avversari, il Movimento Cinque Stelle e Forza Italia, con
uno scarto considerevole.
Ma
quello che è avvenuto, più che un miglioramento del Pd, è che una
una grande quantità di elettori di Forza Italia, e una importante
dei Cinque Stelle, si sono astenuti. Nel 2009, infatti, il Popolo
delle Libertà ottenne 10 milioni e 700 mila voti, contro i 4 milioni
e 600 mila di domenica scorsa. Alle politiche del 2013 ebbe 7 milioni
e 300 mila voti, Il Movimento Cinque Stelle circa 8.600.000, mentre
alle europee il partito di Grillo ha ottenuto appena 5.800.000 voti.
Allora
però aveva votato il 75,2% degli aventi diritto, mentre in queste
elezioni solo il 58,7% si è recato alle urne. Dunque c'è stato un
calo del 16,5%, circa 8.300.000 voti. I voti in meno che ha ottenuto
il Movimento Cinque Stelle sono circa 2 milioni e 800 mila, quelli
di Forza Italia 2 milioni e 700 mila. Ma i primi avevano ottenuto il
25,56% di voti sul 75,2% dei votanti, mentre i secondi il 21,57.
Rispettivamente gli uni, il 19,22% dell'intero corpo elettorale, gli
altri il 16,22.
A
oggi, invece, Forza Italia con il 16,82 del 58,7% dei votanti ottiene
il 9,8, mentre Grillo e i suoi, che hanno avuto il 21,16, detengono
il 12, 42 % di voti di tutti gli aventi diritto.
Dunque
se è la sconfitta di Forza Italia è realmente di proporzioni
considerevoli, poiché perde il 6,4% di voti reali
(cioè considerati sul totale degli elettori potenziali) anche quella
dei Cinque Stelle non è da meno, in quanto essi perdono il 6,8 % di
voti reali.
Nonostante
i media abbiano evidenziato l'insuccesso di Forza Italia, quello del
Movimento Cinque Stelle è nella realtà persino maggiore.
In
sintesi, l'annunciata vittoria del Pd, non c'è stata, poiché non è
importante considerare la frazione di voti tra quelli che hanno
votato, quanto piuttosto il numero di voti in assoluto e la
percentuale di voti in rapporto a tutti gli aventi diritto. Basando
su questo la nostra analisi non possiamo che concluderne che tutti
quanti escono sconfitti, perché ben il 16,5% di italiani che l'anno
scorso aveva votato quest'anno non l'ha fatto, e quasi il 14% delle
europee di 5 anni fa.
Al
più, potremmo dire, che ci siano stati più astenuti tra gli
elettori di Forza Italia e dei Cinque Stelle che tra quelli del Pd,
che invece sono tornati a votare. I primi, infatti, sono meno
“fidelizzati”, rispetto ai sostenitori del Partito Democratico,
che può contare su uno “zoccolo duro” soprattutto nelle
cosiddette regioni rosse. I Cinque Stelle, invece, i quali sono più
sensibili ai temi politici di rilevanza nazionale, possono aver
percepito queste elezioni come ininfluenti sulla situazione politica
italiana. È mancato, infatti, da parte di Grillo, che si rappresenta
come leader della protesta “anti-casta”, la capacità di
interpretare in modo efficace l'euroscetticismo e l'opposizione
all'austerità sempre crescenti in Europa e che in altri paesi hanno
permesso a forze politiche giovani di ottenere vittorie sorprendenti,
come dimostra il successo del Front National in Francia, dell'UKIP in
Gran Bretagna, della sinistra greca di Syriza in Grecia e di quella
spagnola di PODEMOS, in Spagna.
Grillo,
forse, non ha saputo concentrare abbastanza l'attenzione dei suoi sui
problemi dell'Europa e sull'insuccesso dell'Euro, confinandosi in una
ambigua proposta referendaria. Incentrando la sua campagna elettorale
quasi del tutto su questioni nazionali e assumendo una posizione
moderata sulle questioni europee (lasciata per lo più ad altri del
Movimento) ha finito per neutralizzare in parte la connotazione
“contestatrice” che aveva assunto il suo partito in questi anni.
Più
che andare a ricercare le cause dell'insuccesso nelle strategie di
comunicazione, bisognerebbe indagare i motivi più profondi del
malcontento di una parte sempre crescente del Paese, sempre più
insofferente nei confronti dell'austerità e delle politiche imposte
dall'Unione Europea, anche se in modo non del tutto consapevole.
La
“tenuta”, più che il successo, del Pd è da attribuire forse
alle doti comunicative del suo leader, capace di mobilitare i suoi
(ma non tanto nel conquistare nuovi elettori, come è stato detto) e
alla “fidelizzazione” che ancora persiste in Italia, in
particolare in certe aree geografiche.
Ma
una volta che l'inettitudine di questo governo e il suo asservimento
ai poteri sovranazionali si mostrerà senza infingimenti in tutta la
sua portata devastante, bisognerà chiedersi cosa escogiterà questa
volta il partito dell'euro e della tecnocrazia europea.
Fonti
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Caro Matteo V.
RispondiEliminaTI ringrazio per le tue precisazioni, molto chiare sebbene non sia un amante dei numeri...
La conclusione è la più semplice e azzeccata, hai parlato di tenuta del PD, cioè della capacità di questo partito di portare alle urne tutti i suoi elettori, senza guadagnarne di nuovi, cosa che gli altri non hanno saputo fare. Forse per Renzi questo compito è stato facile avendo il suo elettorato una vocazione antitaliana e annessionista all'Europa, cosa che, con tutti gli altri difetti che hanno, manca per esempio a Lega, FI e M5S.
Io penso che l'elettorato del Pd sia "fidelizzato" cioè portato a votare anche solo per "affezione" nei confronti di una parte politica, anche se quella parte politica ha da tempo tradito gli ideali cui diceva di ispirarsi.
EliminaIn Italia purtroppo si tende a dividersi tra guelfi e ghibellini, anche quando tra il Papa e l'Imperatore non c'è nessuna differenza.
http://www.investireoggi.it/forum/matteo-renzi-il-futuro-pdc-d-italia-vt80829-11.html#post3917475
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