31 ago 2017

Perché odiamo l’Islam?

È, senza alcun dubbio, la religione più odiata in Occidente. Se dovessimo fermare dei passanti per la strada e domandare loro che cos’è che induce a odiare l’Islam si otterrebbero diverse risposte: l’atteggiamento nei confronti delle donne, l’intolleranza per le altre fedi, il fondamentalismo; tutte risposte basate, per lo più, su resoconti semplicistici dei media, che tendono a identificare una religione estremamente complessa con alcune sette e frange minoritarie di essa, oppure a esagerare la portata di alcuni fenomeni realmente presenti nella cultura islamica. Ma se poi tentassimo di fare una cernita di tutte le risposte ottenute, probabilmente noteremmo una parola ricorrente sulla bocca degli intervistati: terrorismo. Sui giornali e nei notiziari televisivi, infatti, è abituale affiancare questa parola alla religione musulmana, contrariamente a quanto avviene con tutte le altre religioni – e non perché queste non abbiano espresso al loro interno tendenze terroristiche. In effetti, quando si pensa al terrorismo, la prima cosa che viene in mente è proprio l’Islam. È, questa, una novità assoluta nell’immaginario collettivo degli ultimi 15-20 anni. Basti pensare che, solo qualche anno prima, almeno in Italia, questa parola era affiancata alle stragi, a Piazza Fontana, oppure alle Brigate Rosse. In altre parole, il terrorismo era un fenomeno essenzialmente politico, con nessun tipo di collegamento (almeno nell’immaginario comune) con le religioni. Com’è possibile che, tutto ad un tratto, si è scoperto il “terrorismo islamico” e gli occidentali sono diventati improvvisamente islamofobi?
Prima di rispondere a questa domanda soffermiamoci a considerare uno dei più diffusi luoghi comuni sull’Islam: il Corano conterrebbe già in sé la giustificazione di attentati come quello dell’11 settembre 2001 contro le Torri Gemelle oppure come quelli nel 2004 a Madrid, o come quello al “Bataclan” a Parigi, oppure come quello di Manchester, e così via. Il Corano, insomma, giustificherebbe ed esorterebbe alla violenza contro gli infedeli. I fedeli musulmani sarebbero incentivati a morire per la loro fede per ottenere la gloria eterna e divertirsi in paradiso con le vergini uri; questa credenza è stata diffusa soprattutto grazie ai libri e agli articoli di alcuni giornalisti di grido, tra i quali Oriana Fallaci è senza dubbio la più conosciuta presso il pubblico italiano. Si potranno trovare in rete, dopo una rapida ricerca, diversi versetti coranici che proverebbero la naturale tendenza dell’Islam al terrorismo. “Ognuno di voi si metta la spada al fianco; percorrete l'accampamento da una porta all'altra di esso, e ciascuno uccida il fratello, ciascuno l'amico, ciascuno il vicino!”. “Or dunque uccidete ogni maschio tra i fanciulli e uccidete ogni donna che ha avuto rapporti sessuali con un uomo,  ma conservate in vita per voi tutte le fanciulle che non hanno avuto rapporti sessuali con uomini”. “In quel tempo prendemmo tutte le sue città e le votammo allo sterminio: uomini, donne, bambini; non vi lasciammo nessuno in vita”. “Ecco mia figlia che è vergine, io ve la condurrò fuori, abusatene e fatele quello che vi pare; ma non commettete contro quell'uomo una simile infamia”. Senz’altro si tratta di versetti che urtano la sensibilità del lettore moderno. Tuttavia, quelli succitati, non si trovano nel Corano, bensì nella Bibbia, rispettivamente: Esodo 32:27, Numeri 31:17-18, Deuteronomio 2:34, Giudici 19:24. Ma non si fraintenda; non si tratta di accusare una religione invece che un’altra, o di giudicarla sulla base di alcuni estratti del suo libro sacro: bensì di capire che sia la Bibbia che il Corano sono un assemblaggio postumo di testi. Anche la trascrizione completa del Corano avvenne solo diversi anni dopo la morte di Maometto. Di conseguenza sarà arduo trovare una coerenza interna. Accanto a passi edificanti se ne potranno trovare altrettanti da cui il lettore odierno si sentirà distante. Le religioni non sono certo la mera applicazione dei testi sacri, la pura lettera di essi, ammesso che questa esista (ogni lettura di un testo è sempre una sua interpretazione). Esistono tante esegesi possibili quante sono le varie confessioni di ogni fede. Parlare di Islam, come parlare di Cristianesimo, è, in effetti, una semplificazione che non rende giustizia alle diversità interne. 
Ma anziché addentrarci in uno studio comparato delle religioni – che lasciamo agli esperti del settore – sarà qui utile una nota storica: sebbene il Corano abbia una vita plurisecolare e millenaria, le correnti terroristiche dell’Islam esistono da non prima del secondo dopoguerra; tolte alcune eccezioni come la setta dei Nizariti (che comunque non ha, lo diciamo a scanso di equivoci, nulla a che spartire con l’Isis o Al Qaeda, e lo si evince già solo considerando il fatto che essa, al contrario di queste, era sciita e non sunnita) il terrorismo islamista assurge a fenomeno di rilievo appena nella seconda metà del Novecento, in particolare in concomitanza con l’emergere delle tensioni in Palestina. Anche il fondamentalismo cui si ispirano le attuali formazioni jihadiste originariamente non aveva nulla di terroristico. Vale per il wahabismo, ma vale anche e soprattutto per il salafismo, che in passato non era neanche fondamentalista ma persino “riformista” e tollerante nei confronti dei non musulmani. La “radicalizzazione” di alcune correnti dell’Islam si ha solo in seguito all’incontro-scontro di esso con l’Occidente: o come reazione antimodernista rispetto all’occidentalizzazione dei paesi musulmani, o come risultato dell’influenza colonialista e imperialista delle potenze occidentali. Sotto quest’ultimo aspetto si considerino due esempi; il primo, che riguarda l’arco di tempo compreso tra gli ultimi anni del XIX secolo e gli anni Venti del XX, durante il quale si ha la costituzione dell’Arabia Saudita come stato: in questo periodo l’impero britannico favorisce l’espansione del wahabismo, che così si diffonde rapidamente in tutta l’area, per arginare l’impero ottomano suo rivale; il secondo esempio, invece, riguarda la storia più recente e nota, ovvero l’appoggio logistico, miliare e finanziario che gli Stati Uniti danno ai mujaheddin in Afghanistan per contrastare i sovietici. È a questa circostanza che si deve la nascita di Al Qaeda e, quindi, in seguito, dell’Isis.
Abbiamo dunque mostrato che l’Islam non è una religione intrinsecamente terroristica ma che alcune correnti (minoritarie) di esso lo sono diventate solo nel corso della storia più recente per reazione all’occidentalizzazione e come risultato dell’influenza dell’espansionismo delle potenze occidentali in Medio Oriente. A questo proposito occorre ricordare come l’immagine dell’Islam sia profondamente mutata negli ultimi decenni: da positiva, in virtù dei guerriglieri afghani che combattevano contro i sovietici, presentati in Occidente come paladini della libertà, a fortemente negativa e associata quasi sempre al terrorismo di ispirazione salafita o wahabita.
Perché questo mutamento di rappresentazione e perché questo scarto tra l’Islam reale, con tutte le sue contraddizioni e complessità, e l’Islam “mediatico”? Abbiamo già accennato al ruolo dei paesi occidentali nel determinare la diffusione del fondamentalismo e del jihadismo. Pensare, quindi, che questi ultimi siano qualcosa di prettamente ed esclusivamente musulmano sarebbe un errore grave: invece essi sono la risultante dell’incontro-scontro tra  la cultura islamica e la tendenza espansionistica degli stati occidentali. Questi si sono serviti delle correnti più radicali del mondo musulmano per contrastare i propri nemici e rinsaldare il proprio dominio, ma così facendo ne hanno provocato una crescita e una diffusione che esse fino a quel punto non avevano mai avuto. Quando questa crescita si è spinta al punto da minacciare le popolazioni occidentali i media hanno dato una rappresentazione edulcorata dell’Islam, che poi è servita a giustificare interventi militari come quello in Afghanistan. Una simile rappresentazione è stata costruita su un’informazione unilaterale e approssimativa (falsamente considerata “approfondimento”). Solo per dare un’idea di ciò si consideri la tendenza dei media a ignorare lo sforzo di molti paesi musulmani nel combattere il terrorismo – uno sforzo di gran lunga maggiore di quello degli Stati Uniti e dei suoi alleati – primo fra tutti la Siria (paese “scomodo” perché estremamente laico e perciò lontano dallo stereotipo della donna col burqua) poi l’Iran, senza dimenticare una formazione come Hezbollah, nonostante che gli Stati Uniti abbiano scandalosamente costretto l’Unione Europea, dopo insistenti pressioni, a inserirla nella lista delle organizzazioni terroristiche. I media, per di più, continuano a ignorare il prezzo che i musulmani stanno pagando a causa dei continui attentati, seguiti con assai minor attenzione rispetto a quelli che colpiscono l’Occidente.
Si sottovaluta, infine, l’impatto che gli interventi militari degli ultimi due decenni hanno avuto sul mondo musulmano. Dall’Afghanistan, all’Iraq, dalla Libia, alla Siria, non solo hanno contribuito a far crescere il sentimento anti-occidentale presso strati sempre più ampi di fedeli islamici, creando il terreno ideale per la proliferazione del fondamentalismo (che rimane comunque un fenomeno largamente minoritario anche nell’Islam odierno) ma hanno anche permesso ai gruppi terroristici di prosperare, potendo questi contare sul rifornimento di armi favorito proprio dagli interessi occidentali.
Ignorando, sottovalutando o minimizzando tutto ciò stampa e televisioni hanno scaricato tutti gli oneri sul mondo musulmano, descrivendo il terrorismo come generato esclusivamente da esso e dai suoi stessi presupposti ideologici, tacendo le responsabilità, tutt’altro che lievi, dell’Occidente nella nascita e nell’evoluzione del fenomeno.

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