La vittoria di Marine Le Pen e del
Front National in Francia ha suscitato lo scandalo generale. In
particolare di quella sinistra neoliberale che ne è la principale
responsabile.
Al di là della capacità della Le Pen
di raccogliere i voti dei francesi delusi, è evidente che questa
vittoria va messa in stretta relazione con la frustrazione della base
elettorale dei socialisti.
In tutta Europa, comunque, si assiste a
un'avanzata del populismo “di destra” e l'Italia non fa
eccezione. La Lega Nord, nel nostro paese, è il partito che si fa
interprete di questa tendenza. Nato come soggetto regionalista, la
Lega si è trasformata nell'ultimo periodo in una forza che aspira ad
essere nazionale.
Come il FN, e altri partiti europei
della stessa tendenza, la Lega ha catalizzato consenso soprattutto
attraverso le sue posizioni anti-immigrazioniste, esprimendo un
sentimento diffuso. Bisogna dire però che contrariamente a ciò che
avviene in altri paesi a rappresentare il populismo italiano c'è
anche un altro partito, il Movimento Cinque Stelle, che invece
esprime l'anima “anti-politica”, l'insofferenza nei confronti del
gruppo politico dirigente.
Secondo Renzi “i
populisti vinceranno prima o poi anche alcune politiche nazionali.
In
Italia no. In Italia vinciamo noi perché le riforme stanno
finalmente dando frutti: la maggioranza degli italiani sta con chi
vuole cambiare”. In verità, sono proprio quelle “riforme”
l'aiuto migliore per i populisti italiani. È proprio questo il punto
che i cosiddetti “progressisti” si ostinano a non voler
afferrare. Intellettuali e politici che aderiscono a questo finto
progressismo continuano a gridare al fascismo, senza comprendere di
essere la causa principale della situazione che si sta creando in
Europa. Negli ultimi decenni non si è fatto che ripetere che la
sinistra dovesse cambiare, abbandonare ideologie superate e
consegnarsi alle “magnifiche sorti e progressive” del mercato. La
sinistra ha gradualmente abbandonato il suo terreno di lotta, le
condizioni dei lavoratori e dei ceti subalterni, l'intervento statale
nell'economia; al contrario ha condotto campagne di privatizzazione
di servizi essenziali come mai la destra aveva fatto, ha abolito le
tutele del lavoro e introdotto la flessibilità, cioè la forma
contemporanea di schiavitù; infine ha tolto ai lavoratori e ai ceti
popolari anche la possibilità di incidere qualcosa nella vita
pubblica, esautorando il Parlamento delle sue funzioni che sono state
assunte dalla burocrazia sovranazionale e autocratica europea e dalle
corporazioni finanziarie. Ognuno ricorderà con quale entusiasmo da
parte dei dirigenti della sinistra in Italia è stato accolto
l'ingresso nell'euro e nei Trattati di Maastricht. Ognuno ricorderà
quali meravigliose opportunità sono state promesse ai lavoratori con
l'entrata in vigore della Riforma Treu. E quanto sarebbero dovuti
migliorare i “carrozzoni” inefficienti privatizzati? La sinistra
in Italia ha avuto il compito di abolire le garanzie sociali
illudendo che i meccanismi di mercato avrebbero compensato la
perdita, magari aggiungendo qualche “carità di stato” per
rendere la pillola meno amara.
Nel
frattempo l'odio nei confronti dell'immigrazione è andato montando.
Quando i flussi migratori sono cominciati a divenire consistenti
l'Italia si è trovata con una struttura socio-economica e giuridica
inadeguata. La liberalizzazione dei mercati e dei contratti
lavorativi, l'indebolimento dei sindacati, scioglieva il vincolo di
classe dei lavoratori, isolandoli. Il loro potere contrattuale era
perciò praticamente azzerato e ognuno di loro si trovava esposto
individualmente e senza protezione al ricatto dei capitalisti. Una
volta che il basso costo della manodopera straniera rispetto a quella
locale ebbe creato un afflusso della prima nel nostro paese le
conseguenze a livello sociale furono chiare. Mancando del tutto un
sistema di protezione giuridico e sindacale capace di assorbire le
differenze e di livellare il costo del lavoro, mancando, inoltre, una
forza politica “di classe” capace di farsi portatrice degli
interessi dei ceti oppressi, il rancore non poteva che essere rivolto
nei confronti degli incolpevoli immigrati.
È
stato così che il populismo “di destra” ha potuto attecchire. In
questo modo da un lato il conflitto sociale si è sempre più
etnicizzato, perché erano assenti categorie intellettuali e apparati
politici per gestirlo adeguatamente, dall'altro, si è assistito a
uno slittamento dalla questione sociale alla questione morale,
portata avanti dai Cinque Stelle.
Contrariamente
a quanto pensa Renzi l'Italia è tutt'altro che lontana dal caso
francese. Ma quel populismo che egli condanna è la conseguenza delle
scelte del suo stesso partito e delle politiche che l'attuale governo
si ostina a perseguire.
Coloro
che sono all'origine dell'attuale crisi non piangano lacrime
ipocrite. Se c'è davvero un pericolo fascista, quel pericolo viene
da loro stessi.
*Pubblicato anche sull'Intellettuale dissidente
Immagine tratta da: http://www.ilgiornaleditalia.org/news/esteri/853794/Marine-Le-Pen---Ne.html
Nessun commento:
Posta un commento