La
sconfitta del peronismo in Argentina e quella del chavismo in
Venezuela devono indurre a una riflessione. Il modello di governo
rappresentativo occidentale, di tipo
parlamentare-suffragista-pluripartitico non può funzionare.
Attenzione, non si sta dicendo che deve essere riformato. Si
sostiene, al contrario, che esso è irriformabile. O per meglio dire,
qualsiasi riforma istituzionale che ne mantenga intatti i presupposti
essenziali può soltanto modificare la superficie dei rapporti
giuridici, senza essere in grado di incidere in profondità.
Questo
sistema di governo si adatta alla perfezione all'egemonia delle nuove
oligarchie capitalistiche finanziarie; esso assicura una finta
dialettica tra avversari e programmi, ma poi finisce per affermare
un'identica visione della società, quella di tipo neoliberale. È
vero, in particolari situazioni può crearsi una falla; una forza
politica anti-oligarchica può conquistare legalmente il potere
vincendo le elezioni e in questo modo riuscire a incidere in
profondità nella società e nell'economia di una nazione. Tuttavia
questo può avvenire per un periodo limitato di tempo. Le elezioni
periodiche metteranno sempre a rischio il governo riformatore. Ciò
lo stiamo vedendo in America latina, dove forti opposizioni
pro-oligarchiche e neoliberali rischiano di porre fine ai governi
riformatori. Una situazione simile rende le "rivoluzioni"
antiliberiste sudamericane, come quella peronista e kirchnerista in
Argentina e quella bolivariana in Venezuela, molto traballanti.
Il
problema è che il governo suffragista-pluripartitico è molto
debole, estremamente debole. Si può dire che mai nella storia sia
esistito prima di esso un governo così debole. La sua debolezza si
deve al breve intervallo tra un'elezione e l'altra, elle grandi
limitazioni del potere esecutivo a favore di quello parlamentare,
all'ineleggibilità della stessa persona oltre un certo numero di
mandati e ad altri fattori che non si starà qui a elencare. Tuttavia
per le oligarchie questo non è un grande problema, perché il
sistema pluripartitico generalmente non è pluri-ideologico. La
pluralità a livello formale e istituzionale non corrisponde a una
pluralità a livello socio-culturale. Ciò perché le oligarchie sono
in grado ormai di controllare la quasi totalità dei mezzi di
produzione, compresi i mezzi di produzione della cultura.
Cosa
ne deriva? che la cosiddetta "alternanza democratica", il
feticcio del sistema pluripartitico, è in realtà un'alternanza solo
formale, in quanto ogni cambio di governo non è un cambio di regime.
Anche questo è un fatto nuovo nella storia. Il governo politico può
cambiare senza che cambi il gruppo sociale dominante. Di conseguenza
la debolezza del governo che può apparire uno svantaggio per le
oligarchie e un fatto estremamente democratico è in realtà un
vantaggio per esse, poiché nasconde la natura dispotica del potere
dietro un velo di rappresentatività formale.
Non
è stato sempre così. In passato nell'Europa occidentale la
rappresentatività era reale, per quanto limitata, ma questa è
durata appena quattro o cinque decenni.
Tuttavia,
questo sistema di pluralismo formale permette in alcuni casi un
sovvertimento effettivo del potere. Ciò è accaduto in Argentina con
l'era dei Kirchner e in Venezuela con i governi di Chavez e Maduro.
Ma se un tale sistema permette all'opposizione reale e non solo
formale e alle forze anti-oligarchiche di giungere al potere, non
permette loro di mantenerlo. Infatti i meccanismi formali assicurano
un'egemonia sociale limitata e precaria. La regola dei limiti di
mandati presidenziali, ad esempio, ha contribuito alla sconfitta del
peronismo, poiché a un capo forte e riconosciuto deve succedere uno
meno forte, a meno che questi non compensi un simile svantaggio con
una buona dose di carisma personale. Il sistema pluripartitico
rappresentativo assicura la possibilità di costituire un governo
anti-oligarchico (per quanto ciò in genere sia molto difficile, data
l'egemonia economica e culturale dell'oligarchia) ma non di mantenere
questo potere. Ecco come la debolezza del governo, che appariva un
elemento di garanzia democratico, risulta invece favorevole
all'oligarchia e penalizzante per i suoi avversari. Le forze
oligarchiche, infatti, conservano il loro potere economico anche
quando sono opposizione politica, e possono far leva su questo potere
per scalzare un governo ostile. Una volta vinte le elezioni, poi,
queste forze assommeranno al potere economico quello politico. Ciò
non vale, invece, per i loro avversari, che non possono competere sul
piano economico.
Alla
debolezza strutturale del governo riformatore antioligarchico che
rimane nella cornice del pluripartitismo, bisogna aggiungere quella
contingente: difficilmente questo governo potrà riformare
radicalmente la società e non potrà spingersi oltre un certo grado
di intervento, perché deve tenere a bada l'opposizione che
attraverso i suoi organi di propaganda potrebbe trasformare il trauma
di un cambiamento troppo repentino e radicale in malcontento popolare
e vincere così le elezioni. Inoltre l'opposizione oligarchica è in
grado di boicottare gli interventi del governo avversario usando il
potere economico. Ad esempio in Venezuela, attraverso la cosiddetta
"guerra economica", ovvero la scarsità di merci
artificialmente indotta, essa ha creato seri problemi al governo. In
casi estremi potrebbe avere i mezzi per ricorrere persino
all'illegalità e al colpo di stato contando sull'appoggio di potenze
straniere (Cile '73), ma spesso non è necessario.
Un'altra
caratteristica del pluripartitismo suffragista è che esso può
essere indebolito e annullato in caso di pericolo per le oligarchie,
lasciandone intatti i meccanismi formali. Questo sta avvenendo
nell'Unione Europea, dove il potere politico del governo e del
parlamento è di fatto annullato, per quanto permanga sul piano
giuridico. Le oligarchie, infatti, possono contare anche sull'azione
a livello sovranazionale. Le forze anti-oligarchiche, invece, possono
agire solo all'interno della nazione, o comunque, l'appoggio esterno
di alleati stranieri difficilmente potrà controbilanciare il rapido
ed efficace coordinamento mondiale dell'oligarchia che per sua stessa
natura è sovranazionale e può facilmente creare o potenziare
istituzioni internazionali in grado di contrastare i governi
nazionali.
La
conclusione è evidente. Il sistema di governo di tipo
rappresentativo, suffragista e pluripartitico, invece che limitare
l'oligarchia, ne è un alleato formidabile che essa all'occorrenza
potrà usare per neutralizzare gli avversari. Ciò si deve alla
debolezza intrinseca del governo in questo sistema, debolezza che non
danneggia la classe socialmente dominante, poiché il pluralismo è
solo formale e il cambio di governo in genere non è un cambio di
regime, ma può dare alla popolazione l'illusione della
"democraticità" delle istituzioni. Infine, è pur vero che
un tale sistema può permettere alle forze ostili all'oligarchia di
scalzarla dal potere politico in modo legale, ma non permette loro di
conservare a lungo questo potere.
Le
forze oligarchiche potranno, grazie alle elezioni, tornare al governo
in qualsiasi momento e cancellare in poco tempo tutte le riforme
sociali fatte dai loro nemici.
Risulta
quindi evidente come una forza anti-oligarchica e antiliberista, che
voglia opporsi efficacemente al capitale finanziario e realizzare un
programma favorevole alle classi subalterne, non può limitarsi ad
agire all'interno del quadro istituzionale
suffragista-pluripartitico. È necessario, infatti, neutralizzare gli
svantaggi di questa forma di governo. E ciò può avvenire in due
modi: a livello economico, riducendo drasticamente il potere
economico dell'oligarchia se non annullarlo del tutto (quindi
espropriandola dei suoi oligopoli), o a livello politico, rafforzando
in misura rilevante il potere del governo al di fuori dei vincoli del
pluripartitismo (ad esempio limitando i partiti di opposizione,
prolungando la durata del mandato, ecc.). In caso contrario, il
rischio per il nuovo governo è costante ed è probabile che prima o
poi sia sopraffatto dalle forze oligarchiche.
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