Spesso,
quando si parla di “colpo di stato”, si intende il rovesciamento
di un governo manu
militari, ovvero
avvalendosi dell'uso della forza e della minaccia delle armi.
Ma quello militare
non è l'unica forma di colpo di stato possibile. Qualsiasi azione
che abbia come fine la sostituzione delle cariche pubbliche o la
caduta di un governo, può essere considerata golpista, anche se non
si avvale della forza bellica.
In Italia ne
esistono alcuni esempi, seppure inscritti dalle cronache nel normale
corso storico “legittimo” delle istituzioni.
Nella
storia repubblicana, dalla Costituzione del '48 ad oggi, si possono
enumerare tre colpi di stato, differenti nella forma, ma tutti uniti
da un identico filo
rosso.
- Il golpe del biennio '78-'79
- quello giudiziario del '92
- infine, quello economico-finanziario del novembre 2011
Il primo colpo di
stato della storia Repubblica italiana (riuscito) è cominciato con
un omicidio politico, quello di Aldo Moro. I fatti sono più o meno
noti. Il rapimento dell'allora Presidente della Democrazia Cristiana
da parte delle Brigate Rosse fino al suo assassinio e la conseguente
chiusura del dialogo con i comunisti e della possibilità di un
governo con il PCI voluto da Moro. La seconda fase del “biennio
golpista” avvenne con l'incriminazione del Governatore della Banca
d'Italia Paolo Baffi nel marzo del '79. Sebbene sarebbe stato presto
prosciolto da tutte le accuse dovette dimettersi e, ad ottobre, il
Presidente del Consiglio Cossiga suggerì come successore Carlo
Azeglio Ciampi.
Che
cosa hanno in comune questi due eventi? Nel 1979 l'Italia sarebbe
entrata a far parte del Sistema Monetario Europeo, che avrebbe
fissato il cambio valutario in una forbice di oscillazione. Moro era
contrario a un'entrata nello SME immediata e sine
conditio.
Successivamente al suo omicidio, dopo un colloquio col cancelliere
tedesco Helmut Schmidt, nel marzo del 1979, il Capo del Governo
Giulio Andreotti ufficializzerà l'entrata dell'Italia nello SME.
Paolo Baffi aveva una posizione moderata sul sistema di cambi ed era
favorevole ad una banda di oscillazione molto ampia. Proprio nel
marzo di quell'anno egli venne incriminato e costretto a dimettersi
sei mesi dopo, durante il governo Cossiga, il quale nominò ai
vertici della Banca Centrale Carlo Azeglio Ciampi, europeista
convinto e monetarista. La linea Baffi, che assicurava la
competitività dell'industria italiana e un cambio favorevole a
quest'ultima, venne sconvolta. Ciampi inaugurò una nuova linea di
direzione anti-inflazionistica e monetarista. Nel 1981, in accordo
col Ministro Andreatta, verrà sancito il cosiddetto “divorzio”
della Banca d'Italia col Tesoro in nome del principio neoliberale
dell'indipendenza delle banche centrali. Nel 1987 verrà stabilito un
cambio più rigido, riducendo la banda di oscillazione. Ciò
provocherà la crisi speculativa del '92 e il crollo dello SME.
Questa successione di eventi, abbastanza serrata ('78, '79, '81, '87)
testimonia di un cambiamento ai vertici delle istituzioni italiane.
La linea Moro-Baffi, pro-industria, anti-deflazionistica, con una
saggia politica monetaria, aveva accompagnato la crescita dell'Italia
come potenza economica, la quale surclassò l'Inghilterra,
preparandosi ad affiancare Francia e Germania. L'omicidio Moro e
l'incriminazione di Baffi capitarono al culmine della crescita di
competitività dell'industria italiana. Baffi aveva bene affrontato e
risolto la crisi del '76 in un paio d'anni, con il deprezzamento
della lira rispetto al marco e l'apprezzamento sul dollaro. La nuova
linea Ciampi fu segnata invece da un irrigidimento del cambio che
avrebbe poi portato nel '92 a bruciare le riserve valutarie italiane
nel vano tentativo di salvare il sistema monetario. Dopo il biennio
'78-'79 comincerà un lento declino dell'economia italiana. I salari
smisero di crescere (in nome della lotta anti-inflazionistica) e le
potenzialità del sistema economico nazionale vennero imbrigliate dal
tasso di cambio fisso.
Già
nel '79 con l'affaire
Baffi era stata inaugurata una strategia golpistica che
successivamente sarebbe stata ampiamente usata: ovvero le indagini
giudiziarie come mezzo per “disinnescare” una classe politica non
funzionale a certi interessi economici internazionali. Nel '92,
infatti, si aprì la stagione di Manipulite,
una “rivoluzione mediatico-giudiziaria” che avrebbe ottenuto
l'azzeramento della classe politica dirigente della Prima Repubblica.
Ovvero quella classe dirigente che, pur tra contraddizioni ed episodi
di corruzione (molto esagerati dalla narrazione giornalistica) aveva
permesso la crescita economica, la riduzione della disoccupazione e
la crescita salariale. Quello che l'economista Marcello De Cecco ha
definito, con una formula non priva di efficacia, “keynesismo
criminale” fu sostituito da – potremmo dire – un “hayekismo
virtuoso”. Ovvero contenimento dei disavanzi pubblici, moderazione
salariale, crescita della disoccupazione e stagnazione economica.
L'ultimo colpo di stato si realizzò nel novembre del 2011, quando
Silvio Berlusconi, allora Presidente del Consiglio, venne costretto
alle dimissioni e sostituito da Mario Monti. I governi Berlusconi
erano contraddistinti da un deficit di bilancio non accettato dalla
burocrazia europea e dalla Banca Centrale Europea. Nonostante i
tentativi di Berlusconi di rientrare nei parametri verso la fine del
suo mandato, la banche tedesche iniziarono a vendere massicciamente
titoli di stato italiani, provocando una crollo del rendimento di
questi ultimi e di conseguenza una carenza di compratori. Con l'euro
questo significava andare incontro al default. Subito dopo
l'insediamento di Mario Monti (noto per i suoi ottimi rapporti con la
cancelleria tedesca) i rendimenti dei titoli tornarono a salire. Ma
era iniziata la cosiddetta “austerità” per l'Italia. Ovvero la
ricezione delle richieste delle lobby in favore di privatizzazioni,
tagli della spesa pubblica e aumento della pressione fiscale.
In questi tre golpe (o unica strategia svoltosi in tre atti) sono
stati raggiunti diversi scopi: la politica monetaria fu sottratta ai
governi, la finanza pubblica venne imbrigliata da accordi
internazionali, l'industria di stato frammentata e privatizzata e la
disoccupazione tenuta al di sopra di una certa soglia. Tutto ciò
andò ovviamente a vantaggio delle élite finanziarie.
È possibile notare anche un intersecarsi di due diverse strategie:
quelle dei servizi segreti e del governo americani, che cercavano di
indebolire chiunque non si accordasse ottimamente con l'egemonia
atlantica degli Stati Uniti sull'Occidente, e quelle dell'industria e
della finanza tedesca, che miravano a indebolire il loro principale
concorrente. L'assassinio di Moro serviva per impedire un governo con
la partecipazione dei comunisti che, nonostante la svolta
berlingueriana a favore della NATO del '76, non erano giudicati
alleati affidabili dagli USA; ma di ciò giovò anche il progetto
dell'area valutaria europea (prima SME e poi Maastricht) quindi la
cancelleria tedesca e la Francia che poterono trovare un'Italia
indebolita. Così, le dimissioni di Berlusconi nel 2011, fortemente
volute e ricercate dalla Germania, ottennero il via libera da Obama,
che poteva ottenere la fine del multilateralismo della politica
estera italiana e dell'apertura a paesi che Washington intendeva
sfidare apertamente, ovvero Russia e Libia (nonostante Berlusconi si
fosse rimangiato la parola con Gheddafi).
L'Italia pagò un prezzo altissimo. L'azzeramento della sua classe
politica dirigente, la perdita di settori industriali fondamentali,
la perdita della sovranità sotto tutte le forme (economica,
monetaria, politica). Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
*Pubblicato anche sull'Intellettuale dissidente
Nessun commento:
Posta un commento